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Ogni architettura a destinazione pubblica è l'esito di processi di mediazione e di negoziazione tra una pluralità di attori sociali. Tale osservazione è particolarmente significativa e delicata per l'architettura delle chiese post-conciliari: le comunità cristiane sono infatti chiamate dalla costituzione Sacrosanctum Concilium a promuovere una partecipazione attiva dei fedeli focalizzata sugli aspetti della celebrazione, ma aperta anche a tutte le dimensioni afferenti alla sfera liturgica, tra le quali l'architettura gioca un ruolo decisivo, non riducibile all'aspetto meramente funzionale. Il rapporto tra il progetto - che richiede competenze tecniche e culturali sempre più interdisciplinari - e la committenza ecclesiale - divenuta un soggetto corale, partecipativo, sinodale - costituisce quindi un aspetto sempre più delicato, dai contorni labili, in cui diviene necessario definire i margini di autonomia dei diversi soggetti, negli ambiti disciplinati dalle norme sia ecclesiastiche, sia civili.